Ho letto di CINI su una rivista femminile mentre ero in attesa di Tania, la mia primogenita. Per me era un periodo gioioso, carico di aspettative e fiducia nel futuro. E nel progetto “Adotta una mamma” trovavo un’occasione per regalare a qualcuno un po’ della mia speranza nella vita. L’idea che una donna indiana, così lontana geograficamente ma così vicina come madre, potesse affrontare una gravidanza con un po’ più di serenità, affiancata dalle operatrici di CINI e seguita durante il parto e i primi mesi di vita del suo bambino, mi confortava. Un filo sottile ci univa, durante l’attesa, nei dolori del parto, mentre guardavamo nostro figlio con trepidazione sognando di poterlo crescere sano e felice. Ho aspettato con ansia i primi report: in inglese, scritti a macchina su carta giallognola e sottile, accompagnati da foto in bianco e nero fissate con graffette arrugginite, mi commuovevano e sconvolgevano insieme. Abbiamo continuato ad adottare mamme in attesa, mentre i figli crescevano e mi correvano incontro sventolando una busta e gridando “Mamma, mamma, ci sono notizie dei fratellini indiani”. La lista dei fratellini e delle sorelline si allungava, anche se ho dovuto spiegare che purtroppo c’è qualche mamma che non riesce a dare alla luce il suo bambino, ma almeno avevamo provato ad aiutarla e non si era sentita sola. Ogni tanto sfogliavamo insieme il quaderno con le foto e le schede: famiglie poverissime, bambini con gli occhi scuri in grembo a donne con vestiti colorati, accosciate davanti a capanne di fango e paglia. Ora i report arrivano via e mail:
foto colorate e schede addirittura tradotte in italiano. Il governo indiano vaccina i suoi nuovi nati, possiamo utilizzare quei soldi per sostenere un po’ di più le famiglie e i villaggi. I figli sono diventati grandi e noi siamo passati ad adottare i ragazzini di strada. Piccoli adulti con gli occhi gravi, che vivono nelle baraccopoli e lottano per studiare oltre che per sopravvivere. Daniele, il responsabile in Italia di CINI, mi ha contattata un paio di anni fa. Sono la socia 245, una veterana ormai e mi è stato chiesto di collaborare con l’associazione. Portare la mia testimonianza, allargare la piattaforma dei supporters, far conoscere CINI anche in Trentino.
Ho tirato fuori dal mio quaderno un sogno: un viaggio a Calcutta, andare nei posti dove opera CINI, vedere quelle capanne dove sono nati i nostri figli/fratelli. CINI ci ha accolto volentieri: Tania ed io, quasi vent’anni dopo la prima adozione, siamo andate in India, abbiamo camminato a fianco degli operatori visitando centri e villaggi, ci siamo sedute davanti alla capanna della mamma in attesa (di due gemelli, abbiamo scoperto dopo) che avevamo ‘regalato’ in adozione a una coppia di nostri amici sposi novelli. La ‘nostra’ ragazzina di strada è venuta a trovarci ad un centro di CINI in mezzo a Calcutta: vestita a festa con le mani gelate dall’emozione, ci siamo abbracciate e guardate negli occhi. Abbiamo camminato e camminato nelle strade gremite e l’8 marzo abbiamo festeggiato con le donne indiane parlando su un palco e auspicando una maggiore equità e qualità di vita per tutte loro. Con i loro vestiti colorati siamo entrate negli slums: accolte in festa abbiamo diviso una pentola di thè caldo e un dolce accoccolate in un cortile, chiacchierato e sorriso alle donne che chiedevano se eravamo madre e figlia e ci facevano vedere le loro anguste stanze. Ci hanno accompagnate fuori tenendoci per mano, con le lacrime agli occhi dall’emozione: “You and me bibi”, tu ed io sorelle.
Al rientro abbiamo voluto condividere le nostre emozioni: con la collaborazione della Provincia autonoma di Trento e i Piani di Zona per i Giovani abbiamo realizzato il progetto ‘Passaggio in India’: un percorso di preparazione e approfondimenti che è sfociato in un meraviglioso viaggio a Calcutta. Hanno potuto partecipare nove giovani trentini che hanno visitato le attività e i centri di CINI e si sono confrontati con pari età indiani. Sono partiti ignari e curiosi, ma al ritorno ho letto nei loro occhi le stesse emozioni che ci avevano scosso e cambiato dentro. L’India non lascia indenni: travolge e affascina. Ma soprattutto l’umanità indiana lega per sempre.