Prima di parlare di questa esperienza forse è meglio capire cosa mi ha spinto a intraprendere questa avventura. Io sono una studentessa di Scienze della Formazione con indirizzo in Esperto nei Processi Formativi. Burocraticamente parlando non avrei potuto partecipare a questo tirocinio.
Sono anni che faccio scorrere la lista di enti che propone l’Università, e il mio occhio finiva sempre lì, su
CINI. Ma per paura o forse solo perché ero consapevole che non avrei potuto partecipare al progetto,
continuavo a scorrere la lista. Un giorno mi sono detta, perché non provarci?! Stavo trascorrendo gli ultimi mesi in Svezia grazie al progetto Erasmus. É importante sottolineare questo per capire cosa mi ha spinto a fare domanda. Avete mai trascorso un anno in un paese dove non conosci nessuno, dove non ti conosce nessuno e dove culturalmente parlando è tutto talmente diverso che ti senti in un altro continente? Bene, io non avevo mai fatto domanda per partecipare a questo progetto fino a quando non arrivai al mio primo
anno fuori corso. Il motivo?! PAURA. Lo stesso motivo per il quale non avevo mai fatto domanda per il
tirocinio in India. Superata la paura di me stessa, e realizzando che sarebbe potuta essere l’esperienza più bella della mia vita ho fatto di tutto per partecipare. Viaggiare mi ha sempre entusiasmato, ma quello che mi mancava è immergere corpo, mente e spirito in una realtà così “impegnativa” come quella indiana,
come quella di Kolkata. Sarebbe inutile dire che quello che mi aspettavo inizialmente sarebbe stato di potermi inserire in una cultura nuova assorbendo tutto quello che poteva darmi. Ero consapevole che sarebbe stato impossibile. Le nostre barriere mentali e culturali sono ancora troppo alte probabilmente. Ma mi ha sempre affascinato la cultura indiana e in generale tutto quello che è diverso da me. La mia paura principale era l’impatto iniziale che avrei avuto, e la mia reazione alla vita quotidiana. Ero pronta a una realtà povera, ma sarei stata pronta a entrarne a stretto contatto? Non sapevo se sarei stata abbastanza forte. Per una ragazza che si commuove a vedere una puntata di Grey’s Anatomy forse addentrarsi nei progetti di CINI, dove sofferenza, fame e povertà sono all’ordine del giorno, sono la realtà, sarebbe stato troppo. Cosa mi ha spinto a partire a discapito di tutti quelli che mi dicevano che ero matta? Perché sono convinta che una persona, con un po’ di forza di volontà, tira fuori il meglio di sé nelle situazioni difficili, quelle che non sa come gestire. Come? Perché semplicemente ho capito che solo uscendo dagli schemi, solo cambiando strada scopriamo non solo quante capacità abbiamo sviluppato nel corso della vita, ma anche quanti limiti dobbiamo superare, e che possiamo superare.
Ecco perché il viaggio come metafora della conoscenza. Conoscenza degli altri, di culture diverse ma
soprattutto di se stessi.