Anupa racconta come una migrazione informata e delle pratiche di selezione eque giochino un ruolo fondamentale nell’assicurare un lavoro dignitoso per molte donne lavoratrici migranti come lei.
“Mi sentivo in trappola. Spero che nessuno debba subire gli abusi che ho subito io. Molte persone partono dal mio villaggio per non fare mai ritorno. Semplicemente svaniscono” racconta Anupa Rajini Lakda, una peer-leader (educatrice di pari) di 25 anni, attiva in un villaggio nel distretto di Mandar in Jharkhand. Work in Freedom è il nome del programma elaborato da ILO (l’Organizzazione Internazionale del Lavoro) e DFID (il Dipartimento per lo Sviluppo Internazionale) per far fronte a questo urgente problema, implementato nel Jharkhand da CINI.
Anupa ha deciso di migrare per lavorare come operatrice domestica. Come lei, molte altre ragazze vogliono partire alla volta di grandi città come Delhi per trovare lavoro. Nella maggior parte dei casi sono i parenti più prossimi a fare loro questa proposta. Anche lei è partita per Delhi seguendo il consiglio della zia.
Qui un’agenzia le ha trovato un lavoro in una casa a Ghaziabad (Uttar Pradesh), dove lavorava per più di 16 ore al giorno in condizioni penose, con poco cibo e poco tempo per riposare. La ragazza ha deciso quindi di scappare.
Oggi Anupa ha trovato nuova fiducia in sé stessa e sorride spesso. Ha partecipato a diversi corsi di formazione organizzati grazie al programma “Work in Freedom”, ed è consapevole del motivo per cui è importante per le donne che cercano lavoro nelle grandi città essere assertive. Dove saranno collocate, qual è la natura del lavoro, qual è la paga, quali sono le condizioni di lavoro, queste sono alcune delle cose fondamentali di cui il lavoratore dev’essere a conoscenza, compreso ciò che riguarda la paga. Sono queste informazioni a permettere loro di prendere decisioni libere e consapevoli.
Per milioni di persone povere in Asia meridionale, la migrazione è un’alternativa alla realtà che vivono quotidianamente, ma anche quando raggiungono le città in maniera sicura, le condizioni di lavoro poi non sono necessariamente dignitose; le loro storie dimostrano infatti che il lavoro forzato persiste.
Grazie al programma Work in Freedom oggi più di 170.000 donne in Bangladesh, Nepal e India hanno beneficiato di interventi quali visite di controllo porta a porta, formazioni di orientamento, servizi dedicati, supporto psicologico pre-partenza, spettacoli di sensibilizzazione. Queste attività aiutano donne come Anupa ad acquisire le informazioni necessarie e prendere decisioni informate e sicure circa il loro progetto migratorio.
Quest’articolo riprende parzialmente il testo pubblicato sul sito dell’ILO che potete trovare in inglese a questo link.