Con le parole di Elena ripercorriamo l’esperienza di viaggio in India di questa sostenitrice della nostra organizzazione. Si tratta di una pagina che racconta similitudini e contrasti, analogie e contraddizioni di una realtà dall’altra parte del pianeta che contemporaneamente consente un piccolo grande viaggio interiore.
Sono partita piena di sicurezze, di presunta forza e di entusiasmo. Le prime due si sono inabissate dopo poche ore. L’entusiasmo invece si è trasformato, contaminato da mille emozioni ha preso via via diverse forme; silenzio, gioia, fatica, ansia, poi pace, e sconcerto, indifferenza… poi paura, speranza, indignazione, pietà… invidia. Sì, invidia, per quella purezza, semplicità, candore, pulizia “esteriore”, di cui rilucevano le donne, i bambini, gli uomini di Calcutta, luce che probabilmente era il riflesso della loro interiorità, sia essa anima fede o altro… per me è stato e resta un mistero che mai vorrei si disvelasse.
Un mistero, insomma, il souvenir che mi sono portata a casa.
E tanta bellezza. Dei sorrisi aperti e generosi, degli occhi profondi, dei denti candidi, delle mani vivaci, dell’accoglienza umile. Bellezza dei colori profumi sapori luci rumori odori vapori miscugli musiche frastuoni litanie armonie aromi chiarori frenesie, e luci luci luci luci… Bellezza della miseria vissuta come un pieno piuttosto che un vuoto, un pieno di cui a tratti verrebbe voglia di ricevere un pezzettino… Non hanno nulla eppure sembrano avere tutto. Maledetti e benedetti insieme.
Questo è ciò che più mi ha colpito, tantissimo.
E, a rendere quasi tangibile questa visione, i bambini, ben visti e conosciuti nei centri CINI. Una irripetibile lezione di umiltà mi è venuta da loro, specialmente da quelli ospitati nei Centri vicini alla stazione. Giunti lì da chissà dove, chissà come e chissà perché, accoccolati tra di loro con apparente serenità, felici di un disegno, di un canto, di una caramella, di un balletto. Mentre i nostri ragazzi, invece…
Poi le donne, ragazze, fanciulle, a Calcutta e nei villaggi: bellissime, dolci, eleganti, dignitose e semplici. Calcutta è stato un pugno allo stomaco per tutto questo, immagini che mi passano ancora davanti a tutte le ore del giorno.
A Varanasi invece, ho avuto la sensazione forte, la sera dopo la Festa, che quel luogo fosse un’alter-nativa terrena all’Inferno. Queste fotografie di momenti, questi ricordi a tratti nitidi a tratti indefiniti li posso condividere solo con voi. Anche a mente fredda resto infatti dell’idea che quello che abbiamo visto non possa essere fedelmente descritto a parole a chi non è stato laggiù… A chi mi chiede rispondo “no sai…. è troppo lungo da raccontare …”, oppure “Ehhh, non posso, non so cosa dire, non si può descrivere”… me la cavo così.
La mia indole è generalmente socievole. In quei giorni mi sono ritrovata, mio malgrado, abbastanza chiusa in me stessa; ho cercato di approfittarne per guardarmi ed ascoltarmi. Avevo sottovalutato un problema fisico che invece mi ha creato disagio e a momenti fatica, ma dal terzo giorno si è attenuato. Momenti di personale sconforto e conforto, liberatori e rivelatori, si sono susseguiti per tutta la durata del viaggio.
Credo che ciascuno di noi sia tornato a casa con un bagaglio nuovo, diverso da quello della partenza, e che un consistente spazio di questo nuovo bagaglio sia stato occupato dai compagni di viaggio, quegli “sconosciuti” accomunati – chi più chi meno – da CINI, che io non vedevo l’ora di conoscere, e che poi ho ammirato e invidiato per l’energia, la gioia, l’allegria, la spontaneità, la partecipazione e condivisone con cui sono resi “collante” del gruppo.
Di tutti, ma proprio tutti, i 13 amici di viaggio mi ha colpita, anzi impressionata, soprattutto l’energia, al punto da farmi dubitare che qualcuno fosse più extraterrestre che umano…
Energia positiva, contagiosa, che spero mi resti addosso per molto, perché oggi la sento, eccome…
Grazie a tutti.