In questi giorni anche di rientri dalle ferie, vacanze che per molti sono state in destinazioni italiane e poco internazionali dell’estate 2020, quella che ricorderemo come l’estate delle mascherine, per quelle indossate e per quelle che forse avremmo dovuto indossare di più, voliamo a Calcutta con l’immaginazione. E ripercorriamo nelle parole di Renzo il suo viaggio in India alla scoperta di CINI e dei nostri progetti.
Quando entriamo nel quartiere di Pailan la notte scende all’improvviso nel tempo di percorrenza di una strada, come avviene ai tropici. La strada, “quella” strada di Calcutta, ora illuminata nei giorni di Diwali, è come la ricordavo, la riconosco da certe fotografie di qualche anno fa, ma ogni volta è un’altra cosa, ha un odore molto forte. Anzi, molti odori, marciumi e profumi che si mescolano all’odore di bruciato di legna di olio e di incensi.
Nei pochi chilometri di questa via bengalese ritrovo tutto: baracche di venditori di cibi, cani, pozzanghere, una vegetazione pervasiva, botteghe minuscole illuminate da lampade a petrolio davanti alle quali sostano capannelli di persone. E poi ci sono i mercati, mercati non poveri, che danno prova dell’esistenza di una India non miserabile, mercati di pesce, verdure e valigie – quante valigie si vendono mai in India – stoffe, dolci e tè, in una confusione tranquilla, anche ordinata, piena di odore e di colore.
La nebbiolina bianca di polvere si confonde con il gas di scarico delle vetture disordinate, automobili e tuc-tuc e risciò a motore o a pedali, che si insinuano dove vedono un varco e contendono il poco spazio al lento deambulare delle vacche, al loro far cuccia improvvisa nel mezzo di un incrocio. Clacson, voci, motori, ogni cosa si mischia con le spezie in cui ti cuoce l’aria tiepida di Calcutta.
E poi all’improvviso appare il profilo di una improbabile Tour Eiffel illuminata da diecimila lampadine. È una strana sensazione, lievemente surreale, in cui predomina una sorta di sbalordita, sgarbata felicità. Ora l’India ci si apre di fronte come un abisso accogliente, qualcosa in cui si può precipitare senza ferirsi. Giriamo a destra per entrare a CINI.